Daniele Del Giudice: uno degli ultimi “classici” del Novecento 

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Premio Campiello alla carriera

Daniele Del Giudice: uno degli ultimi “classici” del Novecento 

Daniele Del Giudice, uno dei più importanti scrittori contemporanei, ci ha lasciati il 2 settembre dopo una lunga malattia. Il 4 settembre avrebbe dovuto ritirare il premio Campiello alla carriera
La sua vita, come quella di Roberto Calasso scomparso da poco più di un mese, è stata segnata dai libri. Nel 1986 era diventato il consulente più giovane della casa editrice Einaudi, accanto a Natalia Ginzburg e Cesare Garboli.
Il leggendario nume tutelare dell’Adelphi, Bobi Bazlen, colui che aveva influenzato la vita letteraria del secondo dopoguerra, il Bobi dell’ultimo libro pubblicato da Roberto Calasso, è al centro del romanzo d’esordio di Daniele Del Giudice pubblicato nel 1983 e più volte ristampato da Einaudi, Lo stadio di Wimbledon .  
Il protagonista del romanzo, un giovane scrittore,  intraprende una sorta di “inchiesta” che lo porta a interrogare i luoghi e le persone che quest’uomo leggendario ha conosciuto nella sua vita. Vuole scoprire come mai Bazlen, il “principe dei consiglieri editoriali” che con i libri e per i libri era vissuto non ne avesse mai prodotto uno tutto suo (“Non si possono scrivere più libri, io scrivo solo note a piè di pagina”). C’era forse  un nuovo modo di avvicinarsi alla scrittura e “un nuovo sistema di coordinate” da svelare. 
In questo viaggio incontrerà due amiche di Bobi, entrambe entrate nelle poesie di Montale. Una di queste è Gerti e Ljuba. La prima ha un’amica che si chiama Dora Markus.
E’ Italo Calvino a scrivere la nota di presentazione in quarta di copertina. Oggi la possiamo leggere come una sorta di investitura tra i grandi del Novecento. 
Gli altri suoi libri sono: Atlante occidentale; Orizzonte mobile; Nel museo di Reims, i racconti Staccando l’ombra da terra, Mania. 
Daniele Del Giudice aveva inoltre curato la nuova edizione delle Opere, di Primo Levi (Einaudi 1997) scrivendone una bellissima introduzione.
La frase con cui ci piace ricordarlo: “La biblioteca è protettiva, potrei restare qui dove il molto in poco; un lavoro che cresce di giorno in giorno, bibliografie e scalette, il posto a uno dei tavoli che diventa il ‘mio’” (Lo stadio di Wimbledon, p. 10).

PM